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Incubatori, startup, innovazione. Un appello al Ministro Passera.

Una due giorni bellissima di discussione sull’innovazione al VeneziaCamp.

In una sala gremita, ieri abbiamo discusso a lungo di città intelligenti, di lavoro nomadico, di nuova imprenditoria giovanile.

Città intelligenti e lavoro nomadico, nuove energie imprenditoriali, nuovi modi di lavorare, tutto ciò costituisce un insieme non più separabile.

Più il web sarà “sempre con noi, più il cloud sarà accessibile e diffuso, e, sempre di più, il lavoro nomadico sarà la forma prevalente.

Ieri, abbiamo sentito (e portato) testimonianze importanti. Le reti Cowo, incubatori come Avanzi, gli spinoff dello IUAV, l’attività di VEGA inCUBE, le migliaia di persone che lavorano nella rete dei Parchi Scientifici e Tecnologici (APSTI) sono una realtà nel panorama del nostro Paese.

Eppure questa realtà è scarsamente conosciuta, anche dal Governo e dalla politica. Forse è anche colpa nostra.

Prevale una discussione, spesso autolesionista, sulla fuga dei cervelli, sull’assenza di venture capital, sulle banche “cattive”, “cattive”. E’ proprio così??

Fra qualche giorno (il 2 maggio per la precisione) inauguriamo VEGA inCUBE. In mille metri quadrati, lanciamo 21 “esperienze”, “idee imprenditoriali” che cominceranno un percorso che in tre anni li porteranno (mi auguro tutti) a diventare imprenditori.

Vi poso garantire che alle spalle di questa “avventura” non ci stanno venture capital e firme illustri.

Dietro questa “avventura” ci stanno le forze di un Parco Scientifico (il VEGA) che è fortemente infrastrutturato (in quanti luoghi d’Italia si offrono 300 mbit di banda larga e cloud computing proprietario?), che, a sue spese mette a disposizione servizi pregiati e umili, una tutor d’impresa ecc.ecc..

Se un giorno, mi auguro, arriveranno venture, sid, imprenditori illuminati, benvenuti, per il bene dei nostri incubati.

Ecco, per ora ci arrangiamo.

Cosa ci manca? Ci mancano le condizioni infrastrutturali, su scala nazionale, per essere messi in rete con altri coworking e con altri incubatori d’impresa. Una attività di brainstorming si può fare anche in modo “virtuale” tra Venezia, Milano e Boston se c’é un’infrastruttura abilitante.

Sicuramente sono un sognatore. Se il Governo adotterà misure finanziarie e fiscali rivolte ai singoli incubatori e/o alla singola impresa sarà fatto un passo importante. Finalmente, dirò qual giorno, e proverò ad avvalermi di quelle misure.

Umilmente, con un pò d’esperienza, posso suggerire che, chi parte con un’idea imprenditoriale, inizialmente non ha bisogno di risorse finanziarie “importanti”.

Chi parte ha bisogno di luoghi attrezzati, si servizi e, soprattutto, di essere parte di una  rete di propri “simili”.

Viste le mie origini veneziane -purtroppo- ho provato a dipingere questa rete di coworking e di incubatori, di nomadi e di sognatori come una moderna “via della seta” nell’epoca della virtualizzazione.

Tuttavia, affinché gli snodi di questa rete funzionino, c’é bisogno di connettività, una infrastruttura immateriale che consenta a noi e ai nostri insediati di comunicare, di condividere conoscenza e idee imprenditoriali.

Il successo imprenditoriale nell’epoca della rete è spesso figlio della cultura del crowsourcing e della wikinomics (Tapscott e Williams vi dicono nulla?). Per sviluppare questo terreno abbiamo bisogno di aiuto, non basta la spontaneità, serve che il Governo sostenga questo processo che è, insieme, culturale ed economico.

Questa è la mia perorazione al Ministro Passera.

Chiedo agli amici del web -se condividono queste mie parole- di usare la rete, per far giungere al Ministro queste riflessioni.

3 risposte su “Incubatori, startup, innovazione. Un appello al Ministro Passera.”

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