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#smartcities Ma, è proprio necessario un benchmarking?

Ritorno ancora una volta a parlare di classifiche tra città italiane. Chi è più smart?

Risponde ai miei post “#smartcities ed ecco gli illusi (e i delusi) dagli errori di Betweene “#smartcities index – Gli errori concettuali di BetweenGianluca di Pasquale.

La sua lunga e articolata risposta (della quale lo ringrazio) la trovate postata sul mio blog e su Twitter.

Contemporaneamente, su Twitter, Edoardo Colombo e Cecilia Donetti chiedono di aggiungere ai parametri utilizzabili anche quelli sull’economia turistica.

Ovviamente da parte mia c’é l’assoluta volontà di lavorare assieme a tutti. Il nostro Paese ha bisogno di una discussione di merito approfondita e seria sulle smart cities.

Gira un eccesso di “fuffa più o meno digitale”.

Vengo al merito.

In questo momento non ritengo utile stilare graduatorie. Si creano illusioni e fraintendimenti nei Comuni italiani. La stampa ha ampiamente documentato questo fenomeno di pessimo gusto.

Ciò che sarebbe invece assolutamente utile è l’organizzazione di uno scambio di buone pratiche, accompagnata ad una attività di formazione e realizzazione di metodologia per l’approccio smart nelle pubbliche amministrazioni.

Suggerisco un unico parametro: andrà giudicata positivamente ogni attività che “non digitalizza l’esistente”, ma cambia invece i processi e l’erogazione dei servizi (sia pubblici che privati).

I parametri utilizzati nei diversi benchmarking (Between è UNO dei proponenti di benchmarking) sono diversi tra di loro. Non può che essere così.

Gianluca di Pasquale dice: “abbiamo usato come parametri anche la raccolta differenziata e la qualità dell’aria”. Io potrei dire, se seguissi questa metodologia, “perché non avete usato come parametro il numero di asili nido e di scuole materne o il livello di scolarizzazione”.

Le politiche di welfare e di inclusione non sono forse un indice di smartness?

D’altronde Colombo e Donetti non dicono forse, e il turismo? Dal loro punto di vista hanno ragione.

Se dovessi giudicare Venezia sicuramente non valuterei quello strumento di preistoria elettronica chiamato IMOB (ciò che secondo Between invece da positiva valutazione al sistema trasportistico veneziano), bensì l’uso di strumenti di interazione via web tra domanda e offerta turistica.

Già, perché ogni città italiana ha le sue specificità sociali ed economiche e non può essere giudicata secondo parametri uniformi. Venezia non è Milano e Enna non è Roma.

Quindi attenzione.

Qualche considerazione finale sull’autorevolezza delle fonti.

Le fonti vanno giudicate anche in base alle politiche praticate. È vero che la gestione dell’ex Ministro Profumo ha accelerato le attività “smart cities”, ma i bandi sono stati un insuccesso e l’idea che le lavagne intelligenti è indice di modernità nel sistema scolastico è semplicemente tragicomica. Ad ora queste politiche non hanno attivato nulla di concreto. Chi scrive ha partecipato con successo a ben tre bandi “smart qualche cosa”, ma ad oggi…..

Il loro schema concettuale è ancora “macchine” e “prodotti”.

Questo è invece il momento del metodo e, se ci riusciamo, della condivisione del metodo.

Questo non è il momento del benchmarking, ma della condivisione delle best practice.

Questo è il momento della curiosità e della sperimentazione.

Ovviamente c’é la mia disponibilità assoluta al confronto e al lavoro comune.

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