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Nanismo imprenditoriale. Il WEB può essere una risposta, una wikinomics all’italiana!!!

Ulteriori, quotidiani, lamenti sulla debolezza del nostro sistema imprenditoriale.

Un articolo sul Corriere della Sera (Imprese italiane malate di “nanismo”), riportando i dati elaborati dall’ISTAT, ci informa come il 95% delle imprese italiane hanno meno di 10 dipendenti.

In questa tipologia di impresa opera il 47,5% degli occupati italiani.

Ovviamente questi dati -stranoti- ci portano ad osservare come sia sempre più difficile competere “da soli” nel mercato globale, soprattutto se piccoli.

In altra epoca l’essere piccoli, “geniali inventori”, è stato segno di vitalità del sistema produttivo italiano. “Piccolo è bello” si è a lungo celebrato e teorizzato. Ed effetivamente è stato così.

Oggi quella forza del sistema italiano si è trasformata in debolezza. La crisi morde, i concorrenti sono agguerriti, bisogna trovare altre strade.

Come se ne esce, dal momento che che non è possibile costringere le imprese a diventare più grandi?

Una strada da perseguire con decisione è quella di incentivare l’uso del WEB e della collaborazione (ad es. piattaforme di crowdsourcing) tra le imprese.

In sintesi, sono assolutamente convinto che ai limiti evidenti del nanismo imprenditoriale si può “anche” rispondere attraverso quelle iniziative virtuose descritte efficacemente da Tapscott e Williams nei loro libri e studi sulla wikinomics.

La diffusione dell’uso di Internet e delle piattaforme WEB può consentire ad esempio, l’adozione massiccia di forme di cloud computing di sistema o di distretto produttivo. Ciò può consentire di abbattere costi e recuperare produttività (enterprise 2.0).

E, a cascata, si possono adottare forme di vendita, soprattutto sui mercati esteri, basate sulla diffusione dell’uso dell’e-commerce, o una promozione dei prodotti (soprattutto se Made in Italy) basata sull’e-marketing.

Tutto ciò non è risolutivo, lo so bene. L’accesso alle risorse creditizie e la solidità finanziaria delle aziende di piccole dimensioni vanno affrontate attraverso ben altre politiche.

Tuttavia gli strumenti ai quali ho accennato più sopra possono favorire, anche favorendo una trasformazione culturale degli imprenditori e dei lavoratori, la scelta di procedere ad “aggregazioni gestionali”, soprattutto a partire dai distretti produttivi.

Una piccola proposta: perché non defiscalizzare gli investimenti in ICT effettuati dalle imprese, in modo inversamente proporzionale alla loro dimensione?

N.B. Internet nel mondo vale 1700 milioni di dollari, di più del PIL della Spagna e del Canadà. Riflettiamoci.

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