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Lezioni spagnole. Diversi atteggiamenti di fronte alla crisi.

Di ritorno da Barcellona. A mente fredda.

Anche la Spagna è in crisi. Non so se il rapporto tra il PIL e il debito pubblico sia ai nostri livelli.

So per certo che la crisi del settore dell’edilizia (e del sistema creditizio, “crediti facili”) ha colpito duramente l’economia spagnola.

So per certo che il Governo spagnolo sfidando l’impopolarità e perdendo consensi ha attuato dure manovre sulla spesa pubblica.

Leggetevi un bell’articolo di Ernesto Galli della Loggia apparso sul Corriere della Sera di ieri “I tre veri pilastri della conservazione”.

So per certo (ne ho discusso a lungo in Università) che in Spagna esiste una amplissima fascia di ragazze e ragazzi che non studia e non lavora. La chiamano la generazione “NI-NI”.

Però…

Però ho visto una vitalità incredibile.

Ho visto una città vivissima, che pare non fermarsi mai. Ho visto, nonostante la crisi, i giovani protagonisti della vita della città.

Ho visto una Università in espansione, pronta a lanciarsi in nuovi progetti. E qui sono molto felice per gli spazi che il Vega si può ricavare.

Ho visto un intero quartiere, @22, costruito “sulle rovine dell’antica industrializzazione” ottocentesca e novecentesca. Quel quartiere era denominato la Manchester spagnola.

Fibra ottica, trasporti sostenibili, architettura avveniristica, antiche fabbriche trasformate in sedi universitarie, teatri come spazi vissuti costantemente dalle persone (a proposito, com’era, dov’era, l’occasione perduta da Venezia).

E, ancora, nonostante la crisi, numerosi cantieri aperti.

Certo, c’é la crisi, come in Italia, ma l’impressione è che non ci si pianga addosso, ripiegati su sé stessi.

Stiamo attivamente aspettando, stiamo raccogliendo le forze, ci stiamo preparando per il dopo, innovando profondamente…

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