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Codice dell'Amministrazione Digitale FOIA - Trasparenza

I diversi paradigmi della smart city, trasparenza e cittadinanza attiva

LA CITTÀ DELLA TRASPARENZA

In altri miei precedenti articoli avevo argomentato come una forte ed incisiva riforma della Pubblica Amministrazione potesse avvenire a condizione che i cittadini fossero consapevoli dell’esercizio dei diritti che la nuova legislazione (CAD e FOIA in primis) mette a loro disposizione.

La legislazione più recente si limita –è un eufemismo ovviamente- a sancire i diritti per il cittadino, affidando poi all’Agenzia per l’Italia Digitale o all’ANAC, il compito di indicare le forme regolamentari che rendono esercitabili tali diritti.

Viene così sancito per il cittadino il diritto alla partecipazione al procedimento che lo riguardi attraverso strumenti digitali, il diritto ad una propria, univoca, identità digitale, il diritto ad eleggere un domicilio digitale, ad effettuare i pagamenti alla P.A. attraverso strumenti digitali. E così via.

SPID e PAGO PA sono gli strumenti, meglio le piattaforme, attraverso le quali il cittadino esercita un proprio diritto.

Ad ogni diritto deve corrispondere un servizio utile al cittadino del quale esso godrà grazie alle piattaforme web e a una “buona digitalizzazione” dell’Ente.

Purtroppo, tali diritti resteranno, in larga parte, inespressi se l’AGID non varerà le norme e i regolamenti applicativi.

Di più, il cittadino non è ancora a conoscenza dei propri nuovi diritti, non li esercita, ritardando così il processo di innovazione della Pubblica Amministrazione.

D’altronde, al di là delle previsioni legislative, l’accelerazione dei processi di cambiamento di basa sui principi della domanda e dell’offerta.

Più i cittadini –la domanda- chiederanno di fruire dei servizi utilizzando strumenti digitali, più la Pubblica Amministrazione –l’offerta- sarà tenuta ad adeguarsi. La norma prevede infatti che il cittadino possa esercitare il diritto e, in quel caso, la P.A. dovrà adeguarsi rispondendo alla domanda.

Ecco perché i cittadini possono giocare un ruolo decisivo nel processo di trasformazione e innovazione della Pubblica Amministrazione.

Ciò vale anche per la legislazione in materia di trasparenza. Mi riferisco in larga parte a ciò che è previsto –ormai da tempo- dal DLGS 33 del 2013.

A causa della storia recente del nostro Paese, il principio di trasparenza è legato indissolubilmente, sul piano normativo, alla lotta alla corruzione.

Non è un caso che ogni anno le Pubbliche Amministrazioni debbano varare un unico Piano di azioni anticorruzione e per la trasparenza.

Così non dovrebbe essere, perché la trasparenza costituisce il valore fondante su cui si consolida l’attività della P.A.. I modelli organizzativi, ad esempio dovrebbero essere finalizzati, pensati, realizzati, traguardati, alla trasparenza nell’azione amministrativa e nell’accesso alla produzione di dati, atti, documenti di una P.A..

Un sito Istituzionale costruito “correttamente” è una condizione per esercitare il diritto all’accesso e alla trasparenza; il ciclo documentale interamente digitalizzato è la condizione per trovare informazioni e poterne fruire.

Anche in questo caso il cittadino consapevole (le imprese, i professionisti) potrà esercitare un ruolo decisivo.

È opportuno, a questo punto, ricordare a tutti noi quanto previsto all’art. 1 (comma 1) del DLGS 33/2013 “La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.”

E, ancora, all’art 3 (comma 1) la legge così recita “Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, ivi compresi quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7.”.

Come si capisce, anche in questo caso, il legislatore ha messo nelle mani dei cittadini importanti opportunità.

I dati e i documenti detenuti dalla P.A. sono resi accessibili totalmente (con un unico limite negli “interessi giuridicamente tutelabili”, ad es. dati sensibili, giudiziari, tutela della proprietà intellettuale ecc.) al cittadino affinché quest’ ultimo possa partecipare “consapevole” ed “informato” alla vita pubblica.

Il cittadino potrà così vigilare, sulla base di conoscenze reali, sulle finalità di una P.A..

In sintesi, cittadini consapevoli e informati che partecipano alla vita di una P.A..

A tutto questo si deve aggiungere l’obbligo per una P.A. di mettere a disposizione della collettività (anche per fini commerciali –v. art. 1 comma ter del CAD) i dati e i documenti per poter essere trasformati e riutilizzati. (Art. 6 Qualità delle informazioni 1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell’amministrazione, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità secondo quanto previsto dall’articolo 7.)

A questo punto la sfida é rilevante perché può cambiare il rapporto tra la PA e il cittadino.

Se la PA deve essere trasparente come regola generale e deve mettere a disposizione dati e documenti. D’altro canto il cittadino deve partecipare alla vita pubblica in modo informato, può riutilizzare –anche per fini commerciali- tali dati e documenti.

Se potessi utilizzare una definizione “importante”, il DLGS 33 crea le condizioni per l’esercizio di una cittadinanza attiva.

Ciò che non ci deve sfuggire é che l’ambito applicativo di queste disposizioni non riguarda solo la PA in quanto tale, ma anche tutto il mondo di chi (anche se soggetto imprenditoriale di diritto privato) gestisce servizi pubblici (quei servizi che in gergo “smart city” definiamo le smart grid.

Il mondo dei servizi pubblici locali e della sanità é pienamente interessato da queste disposizioni legislative.

Quindi, la gestione dell’acqua, della salute, dell’aria, dei rifiuti, del trasporto pubblico locale sono servizi soggetti ad obblighi di trasparenza nei confronti del cittadino e di riutilizzo dei dati generati dalle piattaforme digitali.

Il confine delle conoscenze a disposizione dei cittadini e delle imprese e dell’esercizio del controllo e della partecipazione si amplia di gran lunga rispetto al passato.

Se ci pensate bene, a questo punto, é l’intero ambito urbano a poter essere indagato e “partecipato”. Potremmo davvero, se tali diritti venissero esercitati dai cittadini in modo organizzato, anche attraverso i corpi intermedi, cambiare le basi della convivenza e dell’esercizio della partecipazione democratica in un ambito urbano.

Grazie a queste previsioni normative la stessa idea di smart city potrebbe essere rivista e resa maggiormente attuale.

Si passerebbe dall’idea di smartness basata sull’uso intensivo delle tecnologie digitali, alla rivisitazione del concetto di egovernment, non più ridotto alla diffusione dell’uso di servizi on line. I principi di partecipazione e inclusione avrebbero basi più solide in quanto fondati su conoscenze reali. Idem per la tutela dell’ambiente, e così via.

Conoscenza diffusa per esercitare meglio i diritti di cittadinanza, ecco le basi per una moderna idea di smart city.

A volte penso che queste mie riflessioni si riducano a mera utopia.

La partecipazione fondata sulla conoscenza, il civismo consapevole non paiono essere “di moda”.

Il digitale sembra essere diventato una ideologia, i social network sono una arena dove disputare al di fuori (e spesso contro “a prescindere”) della conoscenza dei fatti in modo meramente ideologico.

Il mondo della condivisione digitale sembra essere diventato lo scenario della disputa tra “tribù confliggenti”.

È chiaro che, in queste condizioni, le P.A. che non vogliono innovare possono arroccarsi e difendere gli “antichi mondi”.

Una volta tanto, tuttavia, il quadro normativo e di principi é chiaro, quella della trasparenza é una opportunità che non possiamo lascirci sfuggire.

È iniziata, di questo ne sono convinto, una lunga traversata in “terrae incognitae”. L’esito non sarà certo ma, questa é un’altra battaglia che vale la pena di combattere.

QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO ANCHE SUL GIORNALE ON LINE “MAPS GROUP” CHE RINGRAZIO PER LA CORTESIA E LA DISPONIBILITÀ  

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