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Smart city e diffusione della banda larga. Chi pagherà il successo di Netflix quando sbarcherà in Italia?

MIchele Vianello banda larga smart cities

Esiste una correlazione tra la presenza della banda larga (o ultra larga) nelle aree urbane e la diffusione e il consolidamento delle politiche smart?

Sicuramente sì, ma è opportuno che ci si spieghi bene.

Dalle  osservazioni che seguiranno potremmo trarre poi alcune indicazioni per individuare i potenziali investitori e gli attori che favoriscano la diffusione della rete ed evitare così gli errori che hanno condizionato il nostro Paese per troppi anni.

Vorrei allora partire da qualche considerazione che dimostra l’estrema confusione che regna tra di noi quando si parla di questi argomenti.

Il portale di Infratel mette a disposizione –interrogando per Regione e Comune- i dati sulla diffusione attuale della banda larga e le aspettative per il 2020. Ricordo che nel 2020 l’Unione Europea prevede che ogni cittadino abbia a disposizione almeno 30 mb.

Provate ad utilizzare questo strumento di ricerca , soprattutto nel caso delle aree urbane di maggiore dimensione, concentrandovi su quelle città che, da anni, provano a perseguire “politiche smart”.

Secondo Infratel la stragrande maggioranza delle città italiane sono coperte per l’80/90% da banda larga tra i 2 e i 20 mb.

Dobbiamo sottolineare come, tra l’avere a disposizione 2 mb e l’avere a disposizione 20 mb, ci sia una bella differenza. Quando poi si va a vedere la copertura oltre i 30 mb il divario territoriale si ampia sempre di più e si evidenzia come il nostro Paese sia in drammatico ritardo.

Dati maggiormente affidabili (poiché descrivono meglio il livello di “penetrazione” del digitale in Italia) sono stati recentemente pubblicati dalla Commissione Europea. (Quanto é digitale in vostro Paese febbraio 2015) L’indice di “prestazione digitale” inchioda l’Italia al quart’ultimo posto in Europa.

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Al fine di raggiungere obiettivi urbani di smartness, e per generare “valore economico e sociale” in una smart city, di quanta banda larga avremo bisogno nei prossimi anni? E, soprattutto, per fare cosa?

Interroghiamoci quindi sui principali utilizzi –possibili- della banda larga necessari allo sviluppo di attività che classifichiamo come smart.

In tutti i casi dobbiamo valutare e progettare a medio periodo perché l’esplosione vicina del mondo di Internet of Things cambierà di molto lo scenario.

Di seguito, per darci metodo,  ho elencato quattro grandi sotto settori che nei prossimi anni avranno un prevedibile sviluppo.

Affinché queste tendenze -sviluppo di tecnologie e di servizi- abbiano successo si presuppone alla base la disponibilità di connessione ad alta velocità (oltre 30 mb).

  • lo sviluppo e l’utilizzo in modo pervasivo (soprattutto nella generazione di dati) di Internet of Things. A sua volta l’utilizzo di Internet of Things andrà, grossomodo, declinato secondo due grandi filoni: clothing, health, domotica per uso privat-; reti di sensori che monitorano l’efficienza dei sottosistemi urbani (sicurezza, traffico, reti energetiche ed idriche), in questo caso l’utilizzo sarà sia pubblico che privato. Questo mondo è in rapida espansione, soprattutto nell’utilizzo privato come dimostra il lancio di “Homekit” di Apple o i nuovi ecosistemi di elettrodomestici di Samsung. Secondo il rapporto “The Internet of Things company list 2015”, la diffusione di sistemi di oggetti nelle città è ancora limitata ed è molto concentrata nel mondo USA (in Europa ci limitiamo a Parigi e a Londra).
  • lo sviluppo delle interazioni tra Amministrazioni (Governance) cittadine e city user grazie alla diffusione degli smartphone e del social networking rappresenta la nuova frontiera dell’egovernment Per valutare questo ambito non ci si dovrà limitare solo all’offerta di servizi on line da parte delle PA (peraltro in Italia molto limitata). Le esperienze del mondo anglosassone ci dimostrano che queste interazioni si sviluppano fondandosi su rapporti paritari tra le Amministrazioni e i city user. La nuova frontiera delle interazioni si concentrerà su dialoghi fondati sul broadcasting e lo streaming). Utilizzare efficacemente le piattaforme di broadcast e di streaming necessita però di potenza di banda e di wirelles diffuso.
  • lo sviluppo crescente del traffico di dati (interazioni) tra I.O.T., cittadini, Amministrazioni, stakeholders economici è il fondamento per sviluppare tipici prodotti smart come le dashboard del Sindaco e dei cittadini. Queste piattaforme potranno diventare piattaforma/servizio di massa solo in presenza di connettività di sistema tra i diversi soggetti interessati e di piattaforme di cloud computing caratterizzate da una forte potenza di calcolo.
  • lo sviluppo di attività di grande valore sociale nel campo della medicina e dell’assistenza delle persone (le nuove frontiere del welfare cittadino) per essere efficaci egualmente necessitano di banda.

Fino a qui mi sono limitato ad alcuni esempi. Potrei continuare a lungo a partire dagli utilizzi legati al mondo della scuola e dell’educazione.

Badate bene, lo sviluppo di I.O.T. genererà nei prossimi anni valore e innovazione di processo in molte imprese, nelle Amministrazioni pubbliche, potrebbe cambiare e svilupparsi inoltre –virtuosamente- il modello di erogazione dei servizi nelle città e il monitoraggio della loro efficienza.

Sono queste le attività che normalmente contraddistinguono una smart city.

Come noterete mi sono limitato ad elencare usi di carattere comune, di efficienza economica.

Tuttavia si fa ancora confusione: banda larga per chi? e, soprattutto, dove e per quali usi? Quando vogliamo portare la banda ultra larga a casa di tutti noi, in epoca di Internet mobile, perché ci diamo questo obiettivo?

La Federal Communications Commission ha indicato al Governo USA l’obiettivo di portare la banda larga (oltre 30 mb) in 100 milioni di case entro il 2020. Obiettivi similari se li é dati anche l’Unione Europea nella sua Agenda Digitale.

Quando varchiamo la soglia di casa si mescolano e sempre di più si diffonderanno funzioni di interesse generale e funzioni legate ai servizi di uso personale.

È stato calcolato che, in una casa italiana, per far funzionare efficacemente più servizi (ad es. SKY to Go, un download di musica o un filmato su You Tube, e un normale collegamento ai social) siano necessari almeno 20 mb effettivi. Sempre di più si diffonderà l’uso delle TV come veicolo d’accesso a Internet. E Internet sarà (é) una immensa repository di contenuti soggetti, in parte, al mercato. È di queste ore ad es. l’annuncio del lancio di SKY on line. La banda larga nelle case di tutti noi sarà prevalentemente utilizzata per “funzioni privatistiche” regolate dal mercato.

La domanda che pongo è allora la seguente?

La banda larga (o ultra larga) sarà sempre di più dedicata sia ad attività che definiremo come “servizi” (in questa categoria aggiungo anche l’utilizzo del cloud da parte delle imprese), che ad attività che definiremo di uso personale (ad es. la TV via cavo).

Ha allora senso in Italia una politica generalista per la diffusione di Internet come se la diffusione della banda larga avesse solo una funzione sociale?

Detto in parole povere: chi pagherà il successo di Netflix quando sbarcherà in Italia?

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