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Le elezioni e Internet. Considerazioni di un #nomadworker che ha fatto politica.

Il mio non vuol essere un intervento politico. Piuttosto le mie saranno le considerazioni di una persona che si occupa professionalmente di web che mi auguro verranno recepite dalla politica.

In particolare vorrei rivolgermi, consigliandoli, a coloro che non pensano che il web sostituisca la democrazia rappresentativa.

Mi sono deciso a scrivere queste note dopo aver letto post di persone (che stimo) che sostenevano l’auspicio di un mondo migliore dove le persone, grazie ad Internet, si auto rappresenteranno.

D’altro canto ho ascoltato, grazie allo streaming, interventi di autorevoli esponenti del mondo politico che sostenevano, tra le altre, che il web ha cambiato il modo fare comunicazione. Ovviamente vero, ma ciò è noto da almeno un ventennio.

Partirei allora da una considerazione preliminare: il web ha consentito ad una formazione politica (Grillo in particolare) di vincere le elezioni?

No, il web (i social network) non hanno consentito a nessuno di vincere le elezioni.

Le scelte politiche, i messaggi politici, i programmi politici consentono di far vincere le elezioni ad un Partito o ad un movimento.

Il web (i social network) è SOLO uno strumento -formidabile- per comunicare.

Siccome mi vorrei rivolgere attraverso queste brevi note soprattutto al mondo politico, mi si consentiranno alcune affermazioni basilari che ai più potranno sembrare scontate.

Quando parlo di “auspicabile uso del web” mi riferisco alle piattaforme definite web 2.0.

Le piattaforme web 2.0 consentono attività di dialogo e di scambio di conoscenza tra diversi soggetti. Il dialogo tuttavia dovrà essere ALLA PARI.

La politica e il cittadino sono cioè alla pari, interloquiscono senza intermediazioni.

È questo l’opposto delle logiche dei media tradizionali (TV e stampa) dove la politica parla, il cittadino ascolta.

In gergo noi diciamo che le piattaforme web 2.0 fanno di tutti noi dei “prosumer”. Le piattaforme web fanno di tutti i soggetti del produttori e dei consumatori di idee politiche, di proposte politiche ecc.

Così concepito e vissuto (il web è un luogo immateriale da vivere), il web è uno straordinario strumento di democrazia.

Durante la campagna elettorale le piattaforme web 2.0 sono popolate intensamente dalla politica. Si moltiplicano le attività su Facebook e su TWITTER (i social network più usati).

Poi, tendono a diradarsi e a sparire.

La stragrande maggioranza degli esponenti politici (Grillo compreso) usano i socia network  come una bacheca degli avvisi. Mi si obietterà, anche Grillo? Certo, soprattutto Grillo perché un blog non è uno strumento di interazione alla pari.

Un blog o un portale è quasi sempre uno strumento della prima generazione comunicativa di Internet. I blog, come i portali sono strumenti di comunicazione unidirezionale e, in politica spesso sono strumenti non democratici.

La capacità, assolutamente ammirevole di Grillo è quella di far moltiplicare dai suoi militanti, usando il social networking, il messaggio, di spammarlo (come diremmo noi) in modo capillare.

Grillo è capace di far si che il web sia lo strumento che fa si che un messaggio unidirezionale divenga narrazione collettiva democratizzandosi. Ognuno di noi è lo storyteller di una storia condivisa. Anche la leggenda in questo modo diventa senso comune e viene recepita come se fosse realtà.

Questo modo estremamente efficace (non necessariamente democratico) di fare politica distrugge i luoghi tradizionali dell’organizzazione politica tradizionale. Mi riferisco in particolare ai circoli, alle sedi sul territorio dei Partiti.

Se le sezioni e i circoli resteranno i luoghi del dibattito formale ed autoreferenziale saranno superati dalla storia. Il social networking sarà ancora di più strumento che li marginalizzerà.

Se la politica tornerà ad essere narrazione collettiva e strumento di affermazione di valori, il social networking sarà uno strumento formidabile anche per rafforzare le tradizionali presenze territoriali.

Il più grande errore che si potrà fare è quello di chiamare durante la campagna elettorale i “guru” di Obama e pensare che ti risolvano i problemi di comunicazione.

L’esperienza obamiana va studiata perché il web è veicolo di un messaggio di innovazione, è strumento di mobilitazione di migliaia di attivisti. Ciò non avviene solo in campagna elettorale. Il social networking è strumento ormai ordinario del fare politica da parte di Obama.

Inoltre, l’analisi del web e dei dialoghi che avvengono sul web, sottoposti costantemente alla scannerizzazione di algoritmi di sentiment analisys, consente ad Obama e al suo staff di conoscere meglio, profilandola, la domanda di politica da parte dei cittadini.

La palla passa quindi alla politica  italiana e alla sua capacità di inviare messaggi politici forti. Soprattutto alla sua volontà di confrontarsi, di condividere sui social network le proposte.

Leggo (ma mi sembra di tornare indietro di un decennio quando facevo politica anche io) gli interventi degli esponenti del PD che denunciano la necessità di “aprire” il Partito.

Sui social network non “ti apri alle istanze della società”. Sul web giochi alla pari. Sul web siamo tutti aperti.

E se il PD volesse sfidare Grillo sul suo terreno (la comunicazione sul web) dovrebbe adottare il web come SUO luogo ideale di partecipazione democratica.

Paradossalmente il web è più adatto a Partiti di lunga tradizione democratica (anche se in crisi) rispetto a chi si affida al messaggio profetico unidirezionale.

Da queste affermazioni capirete come io ritenga sbagliata e pericolosa (infantile) l’idea che Internet sostituisca le Istituzioni democratiche consentendo forme di autogoverno.

Semmai le Istituzioni democratiche, nel loro funzionamento, dovranno avere la capacità di modificare il proprio essere adeguandolo alla forza innovatrice suscitata dal web.

Naturalmente, se questa impostazione interessasse mi piacerebbe continuare più diffusamente questa discussione.