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Le “Comunità intelligenti” la via centralistica alla smart city

L’articolo 20 della Legge “Agenda Digitale” (continuiamo a chiamarla così per comodità) è dedicata alla definizione e a normare le “Comunità Intelligenti”.

Ritengo che le “Comunità Intelligenti” siano la denominazione italiota delle smart cities (o delle smart communities).

Premetto che chi scrive è uno dei vincitori del bando MIUR Smart Communities (primo classificato).

L’articolo di legge è concettualmente e culturalmente sbagliato.

Nel mondo è un fiorire di discussioni e di iniziative sulle smart cities.

C’é tantissima confusione, tante aspettative, ma è un dibattito importante. Non a tutti è così chiaro ma, stiamo discutendo del futuro delle città.

Come ho affermato più volte stiamo discutendo della città post-fordista. Il fordismo è finito ma, le nostre città sono ancora concepite, vissute, organizzate in modo fordista.

Purtroppo non c’é una consapevolezza politica e culturale della portata della sfida, ma è di questa realtà che dobbiamo occuparci.

Il combinarsi della prevalenza della connessione ad Internet usando il mobile, dell’uso di massa del social networking, l’affermarsi della diffusione di Internet of Things, il prefigurarsi del sempre maggior uso dei Big Data, tutti questi fattori stanno generando la “tempesta perfetta” dell’innovazione I.T..

Questa tempesta avrà (ha già oggi) uno straordinario impatto economico e sociale su ogni aspetto della nostra vita. Sarà il “de profundis” di ogni retaggio della cultura fordista.

“Nexus of forces”, così definisce Gartner il combinarsi di questi fattori.

Gli effetti sociali ed economici del mobile, del social networking, di I.O.T., dei Big Data non potranno più essere considerati in modo singolo. Tutti si combinano dando vita alla “tempesta perfetta” dell’innovazione.

Le comunità (non l’Ente Comune, la Provincia, la Regione-TUTTE le comunità anche quelle economiche) che sapranno gestire la combinazione di questi fattori usciranno prospere e vincenti dalla crisi. Viceversa saranno OUT.

Vorrei che questi concetti fossero molto chiari.

Mai come ora il detto “change or die” è stato così vero. Peccato non ce ne sia la consapevolezza diffusa.

Quale è il candidato alle primarie che parla (che accenna) di questi temi? Quanti Partiti (o aggregazioni di Partiti) hanno (avranno) nella loro agenda questi contenuti culturali?

Eppure non vi parlo del futuro, ma dell’oggi (oggi/2015).

Eppure Obama parla di tutto ciò. Salva l’industria automobilistica, ma usa l’egemonia culturale della Silicon Valley.

Dovrò votare Obama?

Veniamo alle tristezze del nostro articolo 20.

Se le sfide sono quelle che ho provato a delineare, come si può pensare di procedere in modo centralistico/ministeriale (le Partecipazioni Statali della Smart City) a:

  • predisporre annualmente un piano nazionale delle comunità intelligenti (da far approvare e via…Associazioni, Ministeri ecc.ecc.);
  • emanare delle linee guida (e se il fantasma di Steve Jobs si inventa qualche altra cosa che ci cambia la vita???);
  • istituire un Comitato Tecnico delle Comunità Intelligenti (si presume non composto dagli eredi dell’uomo di neanderthal);
  • ecc.ecc. dirigismo, dopo dirigismo.

Ora, capisco che di fronte alla quantità di iniziative, alla miriade di bandi “smart qualche cosa” che spesso sprecano denaro, alle incursioni senza freno dei venditori di “lampioni con il wifi”, si voglia mettere un pò di ordine e di trovare un pò di metodo.

Insomma, bisogna orientare culturalmente e politicamente. Ma questo processo non lo guida di sicuro un’Agenzia ministeriale.

Capisco tutto, Ma, pensare che il processo “Smart” in Italia sia guidato dall’Agenzia per l’Italia Digitale, questo proprio no. Mi stupisco che il Parlamento (la politica non lo abbia capito. Proprio non si é capito è un problema culturale) abbia avallato questa scelta.

Il comma 7 recita: “Il rispetto del protocollo d’intesa, misurato dall’Agenzia avvalendosi del sistema di monitoraggio di cui al comma 12, è vincolante per l’accesso a fondi pubblici per la realizzazione di progetti innovativi per le comunità intelligenti.”

Riassumendo:

  • l’Agenzia decide se sei “intelligente” e il tuo grado di “intelligenza”;
  • se sei “intelligente accedi ai fondi (penso ci si riferisca ai fondi MIUR e MISE), se sei “scemo” nulla, ripassa il prossimo anno.

Ma da chi è composto e, soprattutto chi nomina il Comitato?

Sono 11 i componenti e devono avere i seguenti requisiti: “possesso di particolari competenze e di comprovata esperienza nel settore delle comunità intelligenti”!!! (Boh!!! sono psichiatri, psicologi??).

Sono nominati dal Direttore dell’Agenzia ma, designati da:

-1 Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

  • 2 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regionie le provincie autonome di Trento e Bolzano;
  • 1 ANCI;
  • 1 UPI;
  • 6 di nomina del Direttore però 1 dagli Atenei, 3 da associazioni di imprese e cittadini (???), 1 ISTAT, 1 Agenzia stessa.

Se e quando nomineranno il Comitato vedremo le competenze messe in campo.

Costoro “i competenti” vigileranno sulla via all’intelligenza in Italia.

Francamente, in epoca di innovazione I.T. veloce (Moore chi era costui?) e disruptive, l’Italia costituisce il nuovo Ministero alle Partecipazioni Statali/Smart Cities (Landini sarà felice, ritorna l’interventismo pubblico).

Appunto per il nuovo Governo che verrà: lasciate perdere.

Ancora una volta, questi articoli del provvedimento non sono figli della politica e dei Partiti.

Sarebbe interessante conoscere la paternità di questa follia neo centralista.

p..s. Il tema delle “smart cities” riguarda le città, le comunità locali, le governance cittadine.

L’idea smart della città nasce dal basso e ha come protagoniste le comunità locali.

L’intelligenza di una città non è un obiettivo finale, è piuttosto un percorso continuo. Nessuna burocrazia statale riuscirà mai a realizzare la “smart city”.

L’unica cosa di cui si sentirebbe il bisogno impellente per evitare la “digitalizzazione dell’esistente” è la deregolamentazione (delegificazione) della gestione dell’urbanistica, della pianificazione (cultura desueta) e dei lavori pubblici.

3 risposte su “Le “Comunità intelligenti” la via centralistica alla smart city”

concordo perfettamente con Lei ! non e’ con il dirigismo centrale o con le agenzie che si promuove un processo “locale” . Lo Stato centrale deve solo realizzare le “pari opportunita’” per le citta’ del territorio italiano , realizzare le infrastrutture di propria competenza (trasporti, reti ict,ecc. ) abilitanti ai processi locali e orientare la ricerca nazionale ed i fondi sui temi dello sviluppo urbano, fino ad oggi negletti.Il resto e’ di competenza di ogni citta’ , con le proprie specificita’ e visioni .La “via italiana alle smart cities ” verra’ sviluppata naturalmente, senza il tramite di lobby, di organizzazioni , di tavoli di lavoro , ecc . Queste organizzazioni possono essere funzionali a fornire alle citta’ che lo richiedano quadro di riferimento per orientare i processi ed soprattutto un database nazionale delle best practises, ad evitare inutili ricerche ed investimenti. senza autoreferenzialita’

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