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Lavoratori nomadi, welfare, reddito di cittadinanza, orizzonti per nuove generazioni

Qualche giorno fa un’amica di ma segnalato un filmato su YouTube (hai 1 ora e 40 da perdere???)

Vi consiglio di guardarlo.

Io ci ho ricavato queste impressioni.

Il “reddito di cittadinanza” (come vedete non lo chiamo, come nel filmato reddito di base) non è una novità. E’ parte della discussione sul welfare state in atto ormai dagli anni ’80 del secolo scorso.

Che se ne riprenda a parlare di questi tempi, connotati dal “pensiero debole”, è già una cosa positiva.

Ovviamente (anche se non so se sia ovvio) non è un sussidio di disoccupazione è un “diritto” in quanto esistiamo.

Come caèirete sono un “vecchio” sostenitore del “reddito di cittadinanza”.

Ovviamente va raggiunta la sostenibilità economica del “reddito di cittadinanza”. Se essere cittadini si basa su un patto tra di noi, anche la ricchezza dovrebbe essere diversamente redistribuita.

Ad esempio, se tutti contribuissero a creare una nuova base economica per il welfare state, l’attuale sistema pensionistico (post lavoro) avrebbe ancora senso??”.

Il filmato, in alcune sue parti è un pò ingenuo, anche se ripeto, ha il merito di farci discutere di “cose serie”.

Non penso che le obiezioni al “reddito di cittadinanza” siano quelle sostenute da alcune persone: “allora non vorrebbe lavorare più nessuno; non ci sarebbe meritocrazia”. Obiezioni sciocche.

Il tema vero, al quale non è facile rispondere, è la sostenibilità economica -che non può essere nazionale, in epoca di globalizzazione dell’economia- di un nuovo welfare.

Certo, il “reddito di cittadinanza” è una nuova forma di welfare.

Mi piace indagare l’impatto dei nuovi lavori, decontestualizzati, creativi. Sempre di più “saranno il lavoro”.

Oggi dedicherei più risorse a rendere meno precario “il nuovo lavoro”. Per precarietà non intendo tanto la base del compenso, la durata temporale ecc. (questo è il 900), quanto piuttosto le opportunità, la tassazione, la salute ecc..

E, d’altronde più cloud computing, più tablet, più intelligenza sul web creano i presupposti per cambiare radicalmente il lavoro, la sua concezione, l’idea stessa dei luoghi.

Sono temi che mi affascinano e che incrocio sempre quando parlo di “città intelligenti”. Anzi è la mia visione di “città intelligente”.

Bello nel filmato il riferimento a U-Topos come “Non luogo”. Se penso che oggi teorizzo i “non luoghi” resi possibili dall’avvento del cloud computing. Forse è il nuovo illuminismo a cui accenna il filmato.

Naturalmente l’avvento della rete consente nuovi modi di produrre e di generare ricchezza (reddito) attraverso culture/meccanismi di condivisione.

Le piattaforme wiki, ad esempio, sono utilizzabilissime anche per una migliore gestione (più partecipativa) nelle aziende, per allargare gli ambiti aziendali (rapporti clienti/fornitori) ecc..

E’ iniziata l’epoca della condivisione. Ciò creerà surplus di ricchezza (figlia del surplus cognitivo a disposizione di tutti noi) per finanziare un “reddito di cittadinanza”? Questo non lo giurerei, ma è un filone di ricerca che onestamente mi affascina.

L’altro punto su cui rifletterei sono i diritti di base -meglio le condizioni di base- che ci consentono di combattere ad armi pari (ovvero, a partire da quali condizioni sociali la competitività sociale non si diventa “legge della giungla”) . Ovviamente, scuola, istruzione, salute. Il “reddito di cittadinanza” non le può esaurire.

A ciò (welfare tradizionale) aggiungo il diritto all’accesso alla rete web. E’ una cosa che in altra epoca della mia vita ho definito “cittadinanza digitale”. Il diritto ad avere una vita “relazionalmente più ricca” (Rfkin).

D’altronde, fatte salve le condizioni di base, c’é anche bisogno di una sana competizione. Il tema non è banalmente “essere schiavi del denaro” come dice il filmato, bensì trarre soddisfazione dalla propria attività (anche dal lavoro). E ancora per i “lavoratori nomadi”, ma non solo, c’é differenza tra lavoro e vita?

Chiaramente se vado a fare questi ragionamenti al Petrolchimico mi linciano. Penso però sia necessario, soprattutto oggi guardare avanti.

Il filmato non è sempre condivisibile, ma ti fa parlare del futuro.

Non amo quelli che hanno come traguardo il modello lavorativo della PA (per alcuni è il reddito di base deresponsabilizzato).

Apprezzo chi il lavoro se lo crea e, se lavora in un posto di lavoro tradizionale, vuole progredire sempre.

Il “reddito di cttadinanza”, non può essere quindi il “reddito della sfiga”. Può essere una condizione di base per competere e crescere. Chi non ce la fa, sopravvive lo stesso.

Il mio è un atto di fiducia verso “l’uomo competitivo”.

 

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