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Dopo il questionario della Corte dei Conti cosa facciamo???

Il 30 settembre si avvicina

Avete compilato il questionario della Corte dei Conti?

Mi riferisco all’indagine promossa dalla Corte dei Conti e dal Team per la Trasformazione Digitale per comprendere come i Comuni (le Regioni, le Provincie) abbiano provveduto ad ottemperare a quanto previsto dal Piano triennale per l’Informatica 2017/2019 e come stiano rispondendo al nuovo Piano 2019/2021.

Non si tratta banalmente di rispondere ad un questionario, quanto piuttosto di comprendere a che punto si è rispetto ai processi di digitalizzazione.

Rispondere al questionario (e inviarlo a Corte dei Conti) non è il punto di arrivo, quanto piuttosto l’inizio di un percorso ragionato, fondato su parametri certi, per innescare un processo di cambiamento organizzativo, culturale ed informatico nell’Ente.

Il questionario è inoltre uno strumento formidabile che piò favorire l’attività dei Responsabili per la transizione al digitale.

A questo punto vi offro, di seguito, alcune riflessioni.

Il titolo di questo articolo è volutamente provocatorio.

Individuare i parametri per valutare l’efficacia dell’innovazione digitale nella Pubblica Amministrazione, è ormai una azione non più dilazionabile.

Recentemente, attraverso un protocollo di intesa tra la Corte dei Conti e il Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale Luca Attias, si è stabilito, tra gli altri, di “elaborare metriche di misurazione della performace delle amministrazioni pubbliche nella realizzazione di progetti di informatizzazione e di innovazione tecnologica” e ancora, di “favorire la diffusione di pratiche gestionali pubbliche che comportino risparmi di spesa e migliori performance dal punto di vista tecnologico”.

Come, direte voi, l’innovazione digitale nella P.A. non è ricompresa attualmente nei criteri di valutazione del successo di una Amministrazione? e, nella retribuzione di risultato dei dipendenti, a partire dai livelli apicali, non si tiene in conto dell’attitudine ad innovare e dei risultati ottenuti per realizzare quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale e dal Piano Triennale per l’Informatica?

Senza timore di smentita posso affermare che, spessissimo, i processi di innovazione digitale non sono ricompresi -o sono evidenziati molto parzialmente- negli strumenti di pianificazione (nei Comuni si chiamano PEG, PTCPT, DUP) che le Amministrazioni adottano e valutano.

Perché avviene tutto questo?

  • in primis per una carenza culturale. Non si coglie infatti che la trasformazione digitale di una P.A. è, prima di tutto, una attività di carattere organizzativo. L’adozione delle diverse soluzioni informatiche dovrà avvenire “ex post”, per sorreggere i modelli organizzativi adottati.
  • conseguentemente, non si riesce a declinare quanto previsto dal CAD attraverso un processo di trasformazione organizzativa, culturale ed informatica. Il CAD (il Piano Triennale espressione operativa del CAD) viene considerato una ulteriore incombenza da affrontare, piuttosto che una opportunità per innovare l’Ente sulla base di parametri ogettivi.
  • il combinato disposto della carenza culturale e della scarsa predisposizione al cambiamento, fa si che i processi di digitalizzazione innescati dal CAD (ma, anche dal FOIA) non siano considerati adeguatamente dagli Organismi di valutazione e dalle stesse strutture di direzione di una Amministrazione, siano esse politiche o amministrative.

In sintesi, come più volte lamentato, alla carenza di figure professionali nelle Amministrazioni che supportino i processi di digitalizzazione, si aggiunge anche (di conseguenza) una cultura degli obiettivi di innovazione e, soprattutto, le metriche (i criteri) per valutare i risultati e premiare le figure che hanno contribuito al processo di cambiamento.  

La figura del Responsabile per la transizione al digitale, ancorché non ancora individuata in moltissime amministrazioni, soffre di una crisi di identità e di un depotenziamento nelle funzioni che la legge gli attribuisce.

Per entrare nel merito, non ci dovrà limitare, valutando l’impatto dell’innovazione digitale, ad evidenziare gli obiettivi di tipo meramente quantitativo attribuiti al “settore informatica” di un Ente, o, affidati a singoli servizi in cui è articolato l’Ente.

Ciò che andrà promosso come obiettivo da raggiungere e conseguentemente valutato, sarà:

  • la capacità di favorire, in primis, la possibilità da parte dei cittadini di avanzare le proprie istanze e di partecipare al procedimento attraverso le piattaforme digitali e, di rispondere, dematerializzando i flussi lavorativi, a tali istanze sempre utilizzando le piattaforme digitali. Questo processo è sancito dal CAD laddove si afferma che l’utilizzo degli strumenti digitali è un “diritto per il cittadino” e un “obbligo” per una P.A.. Tale obbligo si trasforma in strumento quando viene diffuso e temporizzato l’utilizzo di SPID, di PAGO PA, l’adesione ad ANPR, l’emissione della CIE ecc..
  • la capacità di favorire gli obiettivi trasversali tra i diversi settori dell’Ente. Un efficace processo di dematerializzazione dei flussi documentali parte, prima di tutto, dalla capacità di superare i modelli organizzativi di tipo “settoriale-verticale”. La dematerializzazione di un processo avviene quando si condividono informazioni (dati/documenti), quando si esce dalla logica di organizzazione informatica basata sulla separatezza dei silos di informazioni. Quando si utilizzano, anche tra diversi Enti piattaforme improntate alla interoperabilità. L’interoperabilità, prima di essere uno strumento informatico, è una cultura da affermare nell’Ente.
  • la volontà di concepire (e di gestire) i Siti Istituzionali come hub attraverso i quali i cittadini e le imprese fruiscono di servizi, accedono alle informazioni e interagiscono con i diversi livelli della P.A.. Ma, ciò implica una capacità, una volontà, di mantenere costantemente aggiornate le informazioni e di arricchirle. È necessario inoltre darsi delle precise policy che garantiscano assieme la privacy e la capacità di dialogare con i cittadini.

Sotto il profilo giuridico/formale e della legittimità nel darsi questi obiettivi, il “Piano Triennale per l’informatica nella P.A. 2019-2021” e i diversi indirizzi dell’ANAC in materia di trasparenza indicano, sul piano concreto, i traguardi da raggiungere.

Ritengo sia giunto il momento, in modo strutturato, non episodico che le P.A., a partire dai prossimi obiettivi previsti per il 2020 si diano obiettivi e, seppur progressivamente, individuino le corrette metriche di valutazione.

Non vorrei, come troppo spesso accade nel nostro Paese, che questo processo iniziasse solo sotto lo stimolo del Questionario della Corte dei Conti.

STO ASSISTENDO MOLTE AMMINISTRAZIONI NEL PROCESSO DI RIORGANIZZAZIONE, NELL’APPLICAZIONE DEL PIANO TRIENNALE, NELLA COMPILAZIONE DEL QUESTIONARIO.

SE SIETE INTERESSATI TELEFONATEMI O MANDATEMI UNA MAIL.

CELL 3358487912 MAIL mivianello@gmail.com

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