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I professori dell'”attenzione parziale” insegnanti e #agendadigitale

“L’altro giorno mi sono trovato in un’aula universitaria a parlare ad alcuni ragazzi del destino della carta stampata: molti di loro, mentre parlavo, trafficavano con iPad, con smartphone e telefonini…la cosa mi ha molto infastidito, perdevo concentrazione io stesso.”

“Non vogliamo rifiutare il progresso, ma sarebbe imprudente ignorare come l’uso non appropriato (o compulsivo) di questi mezzi possa generare effetti collaterali”.

“In un’era in cui si ritiene che il cervello umano possa diventare multitasking come quello di un computer è l’illusione paranoide di eliminare il tempo e lo spazio.”

“Ho visto visto un grande cambiamento nei ragazzi, soprattutto negli ultimi anni. Fanno fatica a stabilire l’ordine di priorità degli argomenti e non colgono l’esistenza di una architettura e di una logica dei pensieri.”

Ho estrapolato dall’articolo “I ragazzi dell’attenzione parziale e prof che vogliono vietare l’iPad” apparso oggi sul Corriere della Sera alcune affermazioni fatte da autorevoli insegnanti che fanno parte del network Athena della Fondazione Pubblicità e Progresso.

Non voglio qui mettere in dubbio l’autorevolezza e la competenza di questi insegnanti, ma il tono stesso delle loro affermazioni lascia intravvedere scenari apocalittici (effetti collaterali) per il destino dei ragazzi in preda alla sindrome da iPad.

Il problema vero che gli insegnanti (ma non solo) non vogliono, o non sanno affrontare è che la rete offre gerarchie e modalità dell’apprendimento radicalmente diverse da quelle tradizionali. Offre quantità, necessita perciò di strumenti in grado di ridefinire il concetto di autorevolezza della fonte e del contenuto.

Sicuramente ai ragazzi (ma non solo) va insegnato un “uso responsabile” del web. Per “uso responsabile” intendo la capacità di orientarli all’uso della ricerca delle informazioni, all’uso delle piattaforme di social networking per dare vita ad un processo condiviso di costruzione di conoscenza e di sapere.

C’é qualche scuola italiana che, magari in modo sporadico, organizza queste attività? Ho qualche dubbio in proposito.

In realtà cio che molti insegnanti non vogliono mettere in discussione, più o meno consapevoli, è una concezione gerarchica della conoscenza. Il rifiuto dell’idea che la conoscenza è il frutto di processi trasversali (le tradizionali materie…..per carità!!!!), di orizzontalità, di processi condivisi di apprendimento.

In realtà gli insegnati confondono gli strumenti (iPad, device mobili) con i contenuti e con le modalità di apprendimento che Internet ha radicalmente cambiato. Forse non sanno che l’assieme di cloud computing (conoscenza virtualizzata disponibile ovunque) e di device mobili sta alterando davvero le concezioni tradizionali di tempo e di spazio.

Qualcuno pensa davvero che sapere e apprendimento avvengono solo in un luogo fisico (denominato scuola) e in periodo ben determinato e deliminato della vita delle persone. Il futuro sarà assolutamente diverso.

Invece che sciocchi e inutili insulti alla rete mi attenderei da parte degli insegnanti una capacità autocritica e una volontà di rimettere in discussione il “loro” sapere.

 

6 risposte su “I professori dell'”attenzione parziale” insegnanti e #agendadigitale”

Carissima Emanuela, carissimo Martino, figuratevi se non sono felice di vedere esperienze come quella di Melzo. Ma, sono esperienze, non sono LA modalità, peraltro in continua evoluzione, sulla quale è fondata la scuola italiana. Di questa arretratezza sono in grande parte responsabili gli insegnanti. Affermazione dura, lo sò. Ma voglio essere sincero. In tutti i casi proviamo a creare un network di scuole e di insegnanti “che ci credono”. A prestissimo e grazie

Non mi dice niente di nuovo 🙂 sono, siamo consapevoli della situazione, ma questo non vuol dire che non si debbano tentare vie diverse. Noi siamo in rete ed è una rete che si allarga sempre di più in maniera spontanea, una modalità mai conosciuta prima con risultati apprezzabili nonostante i pochi mezzi a disposizione ed illustri cervelloni che ostacolano la naturale evoluzione delle cose (corriere). Ci siamo abituati a queste sparate, ma ormai abbiamo la pellaccia dura 😉

ho risposto all’autore dell’articolo

“La società digitale modifica le nostre capacità cognitive
verso forme di intelligenza utilitaristica, più veloce e rapida, capace di multitasking e simultaneità,
meno concentrata e analititica, ciò che per alcuni può essere definita NetIntelligenza.

Stiamo “evolvendo”verso un’intelligenza fluida, che meglio si adatta al mondo/società digitale,
una intelligenza capace di trovare un senso nella confusione delle informazioni mediali (multitasking).
I nativi digitali sono inoltre capaci di risolvere nuovi problemi indipendentemente dalle loro conoscenze acquisite,hanno sviluppato una nuova creatività intesa come un mix di conoscenza e una serie di collegamenti/link , una capacità di connessione con altre “digital-persone” (socialnetworking)

Un’intelligenza che spende meno tempo a cercare di ricordare (search) e più tempo alla generazione di soluzioni, in grado di sviluppare un’integrazione più avanzata delle informazioni, anche in termini valutativi.
Un’intelligenza veloce nel muoversi tra le informazzioni, senza approfondirle, ma capace di collegarle tra loro nella loro interezza o in parti, con possibili interconessioni di frammenti.

Un’intelligenza sempre in movimento, fluttuante più che concentrata,
capace di utilizzzare forme di intelligenza distribuita,
capace di un apprendimento nuovo, più informale che formale,
capace di scoprire in modo rapido ed efficace le informazioni estraendole da più media,spesso in modalità OffBrain,
in modalità web-mediate più che in operazioni cognitive mentali pure,
più abile a trattare con una molteplicità di fattori….”

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