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#smartcities index – Gli errori concettuali di Between

Ho letto con molta attenzione il report elaborato da Between dal titolo “Smart City index”.

Con molta franchezza, rappresenta un antico approccio all’idea di smart city.

Il presupposto di fondo adottato da Between è che ci sia un obiettivo “smart” da raggiungere. Si parla infatti di “percorso verso la Smart City” e di una “città che diventa Smart”.

Potrà sembrare un paradosso, ma Smart City non è un punto di approdo. Smart sarà semmai la capacità di una governance cittadina di gestire le continue dinamiche di cambiamento generate dall’innovazione ICT.

Chi scrive si è più volte dichiarato contrario allo stilare classifiche. Dimostrerò che i parametri utilizzati da Between sono parziali perché figli di una visione “chiusa” di smart city.

Se potessi definire questa visione è quella che misura l’essere di un ambiente urbano smart sulla quantità di tecnologie.

A mio modo di vedere, smart è la capacità dei city user e delle Governance cittadine di usare le tecnologie IT per trasformare profondamente l’esistente.

Vorrei sottoporre alla vostra attenzione un esempio.

Per definire la Smart Education, Between usa i seguenti parametri: diffusione di personal computer nelle scuole; Diffusione di lavagne interattive multimediali (LIM); Aule collegate ad internet. Quella rappresentata è una visione quantitativa della tecnologia.

L’I.T. ha in sé le potenzialità per mutare la qualità dell’insegnamento e dei modelli educativi. Quelli proposti da Between per la valutazione sono solo degli strumenti.

L’oggetto della valutazione dovrebbe invece essere: le piattaforme wiki sono usate nella formazione del sapere? quanto incidono i processi di collaborazione (social networking) nei modelli formativi. Il parametro è: come si usano le tecnologie? Onestamente, quante LIM ci sono non è un parametro di smartness.

Parimenti, quando si giudica il livello di Smart Government si propongono forme di digitalizzazione dell’esistente, piuttosto che valorizzare le modalità di sburocratizzazione che si potrebbero attuare grazie all’I.T..

Certamente è importante il poter pagare i tributi on line, ci mancherebbe. Per me è più importante un parametro che Between probabilmente non concepisce: quanti e quali processi (forme organizzative) sono state mutate grazie all’uso strutturato e non casuale dei social network nell’interazione democratica tra Amministratori e city user.

Quanto il governo cittadino è disponibile a condividere, è il parametro che andrebbe evidenziato. EGovernment è una modalità, Democracy Government è la sostanza.

Potrei continuare a lungo. La quantità di automobili elettriche è importante, ma la diffusione del lavoro decontestualizzato e del coworking sicuramente aiuta ad abbattere i livelli di CO2.

Una città intasata di auto elettriche non è sicuramente smart.

Altro parametro trascurato è quello dell’integrazione orizzontale delle diverse politiche smart. Il livello di integrazione tra il trasporto pubblico (piattaforme) e mobilità alternativa è un grado di giudizio da adoperare.

Questa visione quantitativa delle tecnologie porta ad errori clamorosi.

La Azienda di trasporti di Venezia ha in funzione il più arretrato sistema automatico di bigliettazione. Eppure secondo Between il trasporto pubblico veneziano è smart. Certo ci sono tanti lettori automatici, ma il sistema è vecchio e persecutorio per i cittadini.

Il caso di Roma è macroscopico. Come si fa a dire che “Roma ha i servizi di egovernment più avanzati grazie ai tributi on line”. Chiedete a un cittadino di Roma cosa pensa dell’efficienza di quel Comune.

Soprattutto nell’approccio di Between non ci sono i city user.

È la città delle macchine, avanzate e moderne figurarsi, e le persone? E gli smart citizen?

Possibile che tra i criteri proposti da Between non siano considerate le attività strutturate di alfabetizzazione digitale della popolazione?

Considerazioni finali:

– è impossibile attribuire patenti e stilare graduatorie. Si creano falsi entusiasmi fondati su elementi discutibili;

– è sicuramente un approccio più corretto quello che si fonda su assessment di singoli Comuni. Smart non è quantità di tecnologie. Anche Trieste può essere Smart se i suoi abitanti sono felici e soddisfatti;

– l’uomo è il centro della smart city; la trasformazione post fordista degli ambienti urbani è quanto di più smart ci sia; l’evoluzione social della democrazia è quanto di più smart possiamo concepire.

Come sostengo da tempo, la confusione regna sovrana nel mondo smart italiano.

2 risposte su “#smartcities index – Gli errori concettuali di Between”

Come spesso accade, Michele, condivido molto di quello che scrivi. Stavolta voglio fare una precisazione: parlare di “percorso verso la SC” non è sbagliato a priori. E non è neppure in contraddizione con quanto affermi tu: secondo me, è prioritario aiutare amministratori e dirigenti locali (la “governance cittadina”) a sentirsi protagonisti di un percorso di crescita individuale e collettiva che li deve portare a saper “gestire le continue dinamiche di cambiamento generate dall’innovazione ICT”.
Non voglio fare sofismi, voglio solo rappresentarti che se stoppiamo la visione dinamica che l’idea di percorso porta con sè, rischiamo di giustificare comportamenti attendisti in coloro che il cambiamento dovrebbero guidarlo.
Per il resto, sottoscrivo. @paolotesta

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